martedì 24 giugno 2008

Welfare in crisi? Sono gli zombie!


Nei cinque lunghi anni di premierato Berlusconi che hanno preceduto la scadente e breve performance del governo Prodi, ad ogni educata accusa di difficoltà economiche e di finanza quantomeno creativa sussurrata dall'opposizione, Tremonti e soci si sedevano più comodi nei vari salotti televisivi ed esortavano a non dimenticare due avvenimenti, uno veramente epocale ma spesso citato a sproposito: l'Undici Settembre, e l'altro semplicemente gestito con incompetenza e leggerezza: l'avvento della moneta unica.Augurandomi che nei prossimi quattro anni si rinnovi un po', vorrei segnalare a Tremonti un romanzo che, se attentamente studiato, potrebbe suggerirgli qualche excusatio almeno originale se non proprio credibile.

L'estate dei morti viventi di John Ajvide Lindqvist è una rivisitazione inconsueta e decisamente stimolante della figura dello zombie che ha forse dei limiti nella costruzione (nella parte mediana l'azione latita un po' mentre abbondano le tirate) ma rinnova in maniera interessante la metafora del morto vivente, già simbolo di schiavitù estrema, di alienazione consumistica, di ribellione sottoproletaria…
Il risveglio dei morti più recenti che si verifica a Stoccolma in un'estate afosissima e contraddistinta da un campo elettrico assolutamente anomalo, viene accolto con grandi aspettative dai parenti e gestito con apparente efficienza dalle autorità ma si rivelerà una crisi in grado di mettere in discussione i pilastri dello stato sociale e di rivelare i malesseri sotterranei della società svedese.
La lettura è davvero consigliabile nonostante i limiti narrativi del romanzo e l'ultima parte – che si svolge a Heden, periferia residenziale passata da cantiere perenne a quartiere fantasma senza essere mai stata inaugurata – è potente e suggestiva. Ma l'aspetto che riporta gli zombie di Lindqvist nel solco della metafora sovversiva che li ha resi grandi, è il flop dello stato sociale, la morte dell’illusione che un paese civile possa gradualmente garantire a tutti un livello di vita decente. Questi morti viventi così quotidiani – il nipotino amato tornato dalla tomba, il nonnetto rintronato con l'alzheimer che ha ritrovato miracolosamente la strada di casa… – non mangiano carne umana come i loro antenati letterari e cinematografici e si comportano in maniera meno sconveniente ma pongono un grande interrogativo: «dove li metteremo? Chi pagherà per la loro assistenza?».
Calata nella nostra Italietta, poi, l'ipotesi raggiunge effetti tragicomici: se le nostre risorse non bastano a pagare la pensione ai vivi, tanto che possiamo soltanto sperare in un rapido aumento di popolazione dovuto agli immigrati (trasformati per l'occasione in braccia preziose e non più delinquenti e rubalavoro) come potremmo assicurare il mantenimento di questi scomodissimi revenants…? E quando scade uno zombie, se non dà nemmeno la garanzia di morire e cessare di percepire la pensione?
Veri pesi morti bisognosi di assistenza, i poveri zombie – gli stranieri più sgraditi che si possano immaginare – restano i soliti paria.

Scritto ascoltando The dead of night dei Depeche Mode da Exciter (2001):

Tutto quello per cui noi viviamo, voi lo rimpiangerete

Tutto quel che voi ricordate, noi lo dimenticheremo

Il resto ve lo risparmio

6 commenti:

Massimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Massimo ha detto...

Che e' esattamente lo stesso tema affrontato nel romanzo Yomigaeri di Kajio Shinji edito nel 2000 e trasposto in film nel 2003... Nel 2009 la Dreamworks ne fara' inoltre uscire il remake americano.

http://en.wikipedia.org/wiki/Shinji_Kajio

http://www.movieweb.com/movies/film/70/6470/summary.php

http://j-fan.com/cinema/cinema.cgi?action=viewrev&selected=14

SteamDave ha detto...

iamo in un pieno rinascimento del genere zombie - in cinema, letteratura, fumetti, giochi.
Evidentemente le paura delle elite assassine (i vampiri), della scienza sfuggita al controllo (Frankenstein), dell'ignoto (alieni) e della nostra aggressività (il licantropo) hanno lasciato posto alla paura delle grandi masse senza volto.
Il che un suo senso ce l'ha.
Autentici sottoproletari dell'horror (per parafrasare Kurt Wiegel), sono lenti, sono stupidi ma sono tanti.
E questo fa paura.

S_3ves ha detto...

La bassa maovalanza dell'horror, ossessionata dal problema di mettere insieme il pranzo con la cena - a base di carne umana, ovviamente, stile "Una modesta proposta di Swift". Bello.
Le masse sottoproletarie della storia di solito trovano un leader populista che li guida contro le vecchie gerarchie, per poi sconfessarle e abbandonarle al loro (pessimo) destino e/o agitarle come spauracchio davanti alle élite economiche del momento.
Giochiamo a fare ipotesi sul possibile capopopolo degli zombie! Un vampiro?

Davide Mana ha detto...

In effetti.
Non ho esempi letterari ma ludici....

In "Unallowed metropolis" (http://www.newdarkage.net/), le orde di zombie che minacciano le città superstiti della terra hanno alle spalle dei signori vampirici con un'agenda ben precisa.

Lo stesso si verifica nel vecchio Rifts, in cui tutta l'America centrale è popolata di ghoul e non morti assortiti che i vampiri "nobili" spingono a nord per creare una testa di ponte in ciò che resta degli USA.

Ma perché non un oscuro e vendicativo "zombie master"... magari cresciuto nella Haiti di Papa Doc?

consolata ha detto...

Me lo vedo il nostro ministro Maurizio Sacconi che si gratta la cuticagna alla ricerca di fondi per l'assistenza agli zombie. In effetti, non sarebbe il caso di stipulare un'apposita assicurazione per non gravare sugli eredi né sulla società in caso di resurrezione involontaria? E' un aspetto molto interessante che non avevo mai considerato. Leggerò senz'altro il libro.

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